Dublino mi ha accolto con il tramonto delle 22:00, regalandomi il sollievo di non dovermi muovere nella mia prima sera irlandese da sola e al buio. Si, da sola, perchè volevo che questa esperienza fosse formativa a 360 gradi, che mi costringesse a mettermi alla prova con un nuovo paese e con una lingua che non è la mia e che mi imponesse del tempo per dedicarmi a me stessa.
Inizia la vita da prof/studentessa.
La mattina ho camminato quasi senza meta per la città, con l’obiettivo di respirare l’aria Irlandese. Ho osservato, ascoltato, assaggiato. Sono stata alla Christchurch Cathedral e ho persino deciso di partecipare alla funzione religiosa, sebbene io non lo sia. Ho apprezzato l’apertura dimostrata dalla comunità cristiana irlandese, che accoglie con queste parole chi sceglie di partecipare alla messa:
“Our spiritual union is important and powerful.
Wherever in the world you come from, and whatever your religious belief may be, feel free to join us at Mass.”
Della presentazione del corso, ho apprezzato in particolare due cose:
-l’idea di europa come comunità che può e che deve fare delle differenze culturali una ricchezza;
-l’idea di apprendimento fuori dalla classe;
-l’invito a esplorare e vivere la “European Dimension”.
Il corso che frequento, proposto da English Matters, ha un nome bellissimo “Mindfulness and Wellbeing in the classroom: Creating a positive learning climate”.
Stare bene. Creare un ambiente di apprendimento positivo. Mi chiedo: come affronteremo questi temi?
Una volta arrivati in aula, nell’Art Building del College, abbiamo iniziato il percorso con un’attività che ci ha permesso di conoscere qualcosa in più dei nostri compagni: creando con uno spago una rete di collegamento tra tutti, abbiamo a turno raccontato di noi, mettendo le basi per quel legame che è cresciuto giorno dopo giorno e attività dopo attività. Ecco, già vedo la creazione dell’ambiente di apprendimento positivo. Prendo nota.
Abbiamo anche fatto la prima sessione di mindfulness che è stata però un po’ difficile per tutti, eravamo ancora troppo tesi, forse con troppi pensieri e con troppe aspettative da soddisfare.
Nel pomeriggio abbiamo invece fatto un’attività che ci ha permesso di visitare, suddivisi in piccoli gruppi, alcuni punti caratteristici della città. E’ stato molto interessante e utile per comunicare, scambiare idee, rilassarsi, parlare (eccolo, il wellbeing!).
Il mio gruppo era composto da Martina, che viene dalla Croazia, Marian che è spagnola e Tereza dalla Repubblica Ceca. Sfidando l’instabile clima irlandese abbiamo portato a termine il nostro compito, ecco qualche testimonianza:
Le sessioni mindfullness di questa giornata sono state due, la prima che è partita prendendo spunto dal mondo del tai chi, è stata veramente bella, e mi è sembrato proprio il giusto approccio per poterla introdurre a scuola.
Abbiamo poi affrontato il tema della struttura del cervello e di tutti quei meccanismi che riguardano le emozioni. Ho cominciato ad apprezzare il fatto che in tutte le attività proposte, le docenti si preoccupavano di non perdere mai di vista l’esperienza personale di ciascun partecipante e la condivisione rendeva il tutto ancora più efficace e significativo.
Nel pomeriggio ci è stata proposta un’attività di storytelling molto interessante e molto utile da riportare a scuola nell’ambito di un lavoro sulle emozioni: in diverse stazioni dislocate in diversi punti dell’aula, allestite con fogli e penne particolari e diverse tra loro, ci è stato chiesto di scrivere delle riflessioni personali e segrete guidati da degli input proposti dalla docente, cosa che ha portato tutti quanti a fare una profonda riflessione su se stessi mettendoci di fronte all’importanza del “name it to tame it”, un modo di dire usato in psicologia (soprattutto con le emozioni) e che si riferisce al fatto che quando riconosci e dai un nome a ciò che provi, riesci anche a contenerlo e affrontarlo meglio. Riusciamo a dare un nome alle emozioni che proviamo? E i nostri studenti sono in grado di farlo? Questo quanto influisce sulla qualità dell’apprendimento?
La sera uscivo, tutti giorni. Passeggiavo per la città, godendomi l’atmosfera: la musica irlandese, il fresco, il sole e anche la pioggia.
WEDNESDAY
Anche il terzo giorno abbiamo iniziato la nostra lezione con la sessione di tai chi e mindfulness, che ha cominciato a diventare una piacevole routine. Di seguito, a partire dalla piccola storia “Who moved my cheese?” abbiamo affrontato diversi temi, tra tutti: intelligenza emotiva, empatia, ruolo dell’insegnante.
La sera abbiamo invece fatto un’altra attività fuori dall’aula, visitando la bellissima National Gallery e cercando tra i diversi quadri qualcosa che sentivamo ci rappresentasse.
Sono stata a vedere Riverdance 30 e l’ho adorato! E’ stato molto emozionante e ho realizzato due cose:
-amo la fierezza nello sguardo dei ballerini di danza irlandese. La loro passione, il loro orgoglio nell’essere parte di questa bellissima tradizione;
-guardare spettacoli di danza dal vivo è una delle attività più mindfulness per me.
THURSDAY
Ecco il piccolo mantra che abbiamo ripetuto ogni giorno nella Mindfulness:
“May you be safe, may you be happy, may you be healthy, may you be at peace”
“May I be safe, may I be happy, may I be healthy, may I be at peace”.
Durante questa giornata abbiamo fatto un’attività sulle “etichette”: quanti dei nostri studenti etichettiamo? Quanti si etichettano da soli? Quanti invece sono etichettati dai compagni o dalle famiglie? Cosa vuol dire vivere con un’etichetta addosso, soprattutto se non ti rappresenta?
La sera ho invece camminato per chilometri per raggiungere la Guinness Storehouse e poi di seguito visitare la St. Patrick Cathedral. Camminare mi permette di vivere al meglio la città, passando da quartiere a quartiere, scoprendone le differenze e apprezzandone la bellezza.
Il venerdì è stato il giorno della gita a Glendaloch, la “valle dei due laghi”, un sito monastico in una valle glaciale situata nelle Wicklow Mountains. Il monastero, fondato nel VI secolo da San Kevin, eremita e santo irlandese, è stato uno dei più importanti centri religiosi e culturali d’Irlanda medievale. E’ tuttora una meta di pellegrinaggio e meditazione e noi ne abbiamo approfittato per una sessione di mindfulness nella natura, che è stata la perfetta conclusione di questo percorso.
L’ultimo è stato il giorno dedicato alle presentazioni di tutti i corsisti relativa all’esperienza appena conclusa.
E’ stato un interessante momento di condivisione nel quale abbiamo ascoltato le presentazioni di tutti gli altri colleghi, ma ho amato il fatto che il mio gruppo abbia deciso di mandare sullo sfondo le diverse presentazioni e, invece di esporle, abbiamo preferito coinvolgere tutta la platea nel tai chi.
We went out of script and it was amazing!
Per concludere, 3 motivi che hanno reso speciale e altamente formativa questa esperienza:
- Le insegnanti di English Matters erano molto preparate, hanno progettato e proposto delle attività molto interessanti, stimolanti e funzionali a quello che era l’obiettivo finale del corso. Ho apprezzato in particolare la loro gentilezza nel rispettare tutti i bisogni dei diversi partecipanti nei diversi momenti.
- La possibilità di alloggiare all’interno del Trinity College è stato per me un grande valore aggiunto. Non tanto per la comodità, quanto per il poter vivere un’esperienza a 360 gradi.
- Nel mio gruppo eravamo solo 3 italiani, quindi la possibilità di sperimentare la European dimension è stata facilitata.
Sono felice di aver appreso delle attività con le quali introdurre i miei studenti alla mindfulness e sono felice di aver sperimentato il potere di un ambiente di apprendimento positivo.
E’ stata sicuramente una bellissima esperienza, che sono contenta di aver fatto da sola. Sono arrivata “di corsa” con ancora nella testa migliaia di pensieri, compiti, cose da fare e a cui pensare e gradualmente invece ho trovato lo spazio per me stessa e per il presente. Beneficiare di questi momenti mi ha fatto capire ancora di più quanto sia importante anche per i nostri studenti avere degli spazi e dei momenti nei quali possano prendersi cura di loro stessi. Di quanto sia importante sostenerli nella scoperta, nel riconoscimento, e nella regolazione delle emozioni. Ho imparato che “it’s ok not to be ok”.
Mi sono immersa nella dimensione europea: ho parlato, ho ascoltato. Mi sono aperta a questa esperienza e accolto tutto quello che ne è derivato, qualche pianto, tante risate, tantissime idee.
Grazie per tutto gli interessanti spunti , molto bello questo percorso
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